Evoluzione di un sogno: arriva l’impianto radiante in Laboratorio Energie

By Fabio Zanolin,

Risale allo scorso gennaio 2017 l’inaugurazione del nuovissimo Laboratorio Energie. A monte di tutto un’idea di quattro anni fa, raccontata un po’ scherzando, pensata un po’ come un sogno lontano.

Oggi il nostro Laboratorio Energie ha preso forma, ospita impianti all’avanguardia per la gestione del caldo e del freddo all’interno degli edifici offrendo agli studenti dell’indirizzo meccatronico la possibilità di apprendere, osservare, effettuare misurazioni, capire i macchinari e i fenomeni fisici al loro interno.

L’Istituto San Marco, ad oggi, è uno dei pochissimi Istituti Tecnici Meccatronici ad articolazione Energia in Italia a possedere un Laboratorio Energie che dia la possibilità agli allievi di apprendere meglio le nuove tecnologie, toccando con mano la realtà industriale, produttiva e tecnica. Infatti, la stessa Offerta Formativa proposta dal Ministero per tutti gli Istituti Tecnici, purtroppo, non prevede nessuna attività laboratoriale concreta durante l’attività scolastica. Tuttavia, dell’importanza di un fattore pratico e concreto all’interno della proposta formativa di un Istituto Tecnico, ne sono ben consci la Preside, prof.ssa Claudia Cellini, gli insegnanti e le aziende del mondo del lavoro che, sin dall’inizio, hanno sponsorizzato e sostenuto il progetto al fine di preparare futuri tecnici competenti pronti ad essere inseriti nelle aziende stesse.

Tutti gli impianti di cui è dotato il laboratorio energie sono stati studiati con lo scopo di alimentare la stanza metrologica, cioè un ambiente termo-controllato all’interno dello stesso laboratorio in cui effettuare test a temperatura e umidità controllata.

È proprio questa possibilità e peculiarità, uniche del nostro laboratorio, ad aver attirato nella nostra scuola l’attenzione di una azienda multinazionale produttrice di materiali isolanti e coibenti di ultima generazione. Il problema che ci è stato posto è semplice: esiste un materiale isolante di ultima generazione che attualmente viene commercializzato solo negli Stati Uniti; per poterlo introdurre anche nel mercato europeo occorre poter valutare le sue caratteristiche in impianti come quelli radianti a soffitto o a pavimento.

Da questa proposta, grazie al lavoro dell’intero settore Meccatronico, è nata una partnership stretta con l’ingegnere Domenico Feo che direttamente dagli USA – California – ha coordinato le attività di avvio della sperimentazione sui nuovi pannelli isolanti patrocinando anche l’installazione di un nuovo soffitto radiante nel nostro laboratorio: ultimo pezzo forte impiantistico.

Tale nuovissimo sistema all’avanguardia, che prevede pannelli radianti, all’interno dei quali scorre acqua calda o fredda per il riscaldamento e raffrescamento prodotta dagli impianti del laboratorio, consentirà di testare il nuovo materiale isolante dalle caratteristiche, sulla carta, sorprendenti. Tale materiale è in grado, infatti, di immagazzinare il calore in eccesso per rilasciarlo poi nel ciclo di rilascio del calore, permettendo così di appiattire la curva di comfort ambiente ed ottenere così, con bassi costi e manodopera, un elevato risparmio energetico.

L’istituto Salesiano San Marco sarà il primo centro in Italia a testare il nuovo materiale e per questa ragione un grosso ringraziamento va all’ing. Feo che dalla California ha deciso di portare nella nostra scuola questa tecnologia credendo nelle potenzialità dell’istituto anche come centro di formazione-ricerca.

Le attività sono quindi già iniziate e, pur essendo soltanto all’inizio, il lavoro dei ragazzi del triennio meccatronico e dei loro insegnanti, con la passione che li contraddistingue, stanno già dando ottimi frutti.

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A scuola per inseguire le nuove frontiere dell’energia: un progetto per la 2^ duale

By Laura Campaci,

È arrivata a compimento una attività che ha coinvolto la 2^ duale, le cui parole d’ordine sono state “sinergia”, “manualità”, “innovazione”, “partecipazione”.

Il progetto, che ha visto la collaborazione del prof. Federico Fantuz, insegnante di tecnologia, disegno ed elettrotecnica, e del prof. Patrizio Pellizzon, insegnante di laboratorio di stampa e tecnologia, è consistito nella realizzazione di una tecnologia innovativa, ossia un pannellino fotovoltaico che produce energia elettrica. Tale sinergia ha unito la progettazione meccanica e la modellazione di un contenitore con una stampante 3D e la realizzazione elettrica del dispositivo, nell’ottica, inoltre, di coinvolgere i ragazzi nei confronti delle energie alternative.

In questo modo, è stato possibile unire le diverse competenze degli studenti del secondo anno del Duale: la dinamica operativa, infatti, ha visto la collaborazione, in piccoli team, di un grafico, un elettrico e un meccanico, che hanno dovuto scambiarsi informazioni e aiuto per raggiungere il risultato.

In cosa è consistito il lavoro dei ragazzi? Con il prof. Pellizzon hanno imparato ad utilizzare un programma di modellazione e di disegno grafico che permette di realizzare un disegno 3D, per poi ricavarne un prototipo in parte con la stampante 3D e in parte di cartone.

A ciò si aggiunge la seconda parte del laboratorio – seguito dal prof. Fantuz – con la realizzazione del dispositivo elettrico, per il quale sono necessari elementi di elettrotecnica e di elettronica.

Il risultato? Un caricabatterie per telefono cellulare alimentato con un piccolo pannello fotovoltaico, con una versione anche con accumulo, nuova frontiera dell’energia.

Ma a tale risultato ci si arriva, specifica il prof. Fantuz, < lavorando simbioticamente tra la parte teorica e quella pratica >. Bisogna, insomma, conoscere prima di fare: per esempio, < abbiamo dato la specifica tecnica del progetto in inglese – spiega il professore – Quindi hanno dovuto anche tradurla in italiano >.

Inoltre, i ragazzi hanno potuto usare degli strumenti che allenano la loro manualità, e la componente di fisicità e di realizzazione concreta che questo lavoro ha comportato ha intensificato la loro soddisfazione finale.

Entusiasmo, partecipazione, coinvolgimento, contentezza sono le reazioni con cui i ragazzi hanno partecipato al lavoro secondo una modalità originale di “fare scuola”.

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Alla Festa di don Bosco 2018 il desiderio accende il Bene!

By Laura Campaci,

“La Festa di don Bosco è il giorno in cui si possono chiedere a Dio le cose impossibili”.

Don Michele ne è profondamente convinto quando saluta gli oltre 700 ragazzi raccolti nella palestra del San Marco, lo scorso martedì 30 gennaio. Anticipata di un giorno, la festa in onore di san Giovanni Bosco è carica di gioia, aspettative ed entusiasmo di chi ha organizzato, chi partecipa, chi canta, chi suona, chi sta dietro le quinte assicurandosi che tutto fili, chi è pronto a salire sul palco e chi sul palco preferisce non salirci, e godersi da giù lo spettacolo.

Desideri impossibili o no, il desiderare è stato – in un certo senso – la chiave di tutta la mattinata.

A partire dalla Santa Messa, presieduta da don Silvio Zanchetta, delegato della Pastorale Giovanile del Movimento Giovanile Salesiano del Triveneto, che racconta che nella Torino dell’800 – una città molto problematica con tanti ragazzi sfruttati e maltrattati – non c’era solo don Bosco a fare del bene, ma anche personaggi come Cottolengo, Cafasso, Murialdo. Insieme a quest’ultimo don Bosco andava a confessarsi alla chiesa della Madonna Consolata e poi andavano al bar a bere il goloso “bicerin”: insomma, uomini semplici e concreti. E di cosa parlavano tra loro? Dei ragazzi poveri che avevano davanti: si suggerivano strategie per fare del bene.

E don Silvio domanda: <Quante volte, quando parlo con degli amici, ho nel cuore il bene di qualcun altro?>. Ciò accade quando incontriamo qualcosa di bello e di vero che ci accende il cuore, come è capitato al nipote di don Silvio che, da quando si è innamorato, dice che il rosso non è più rosso. Intuire quanto è bello e prezioso andare fuori di noi, per desiderare il bene degli altri, è quello che don Silvio augura a noi attraverso l’esempio di don Bosco, che <ha visto nei ragazzi non un ostacolo o un problema, ma qualcuno che aveva bisogno di lui>.

Il desiderio è stato anche il filo conduttore della coinvolgente testimonianza del nostro ospite, Marco Anzovino, scrittore (l’ultimo romanzo edito è “Le ragazze al terzo piano”, edizioni biblioteca dell’immagine), cantautore ed educatore in una comunità di recupero per tossicodipendenti da 13 anni. Il desiderio, per Marco, è il motore delle scelte, delle conquiste, delle rinunce che si fanno.

Raccontando dei suoi ragazzi, dice: <Il mio è un viaggio nella sofferenza di qualcuno che non ha trovato piacere>. Piacere di stare a casa, di stare a scuola, di fare uno sport, di ascoltare musica.

<La tossicodipendenza è un ragazzo che non ha scoperto niente di sé, non sa niente di sé>, continua Marco. È sintomatico quando si chiede a un ragazzo “Cosa ti piace?” E lui risponde “Niente”. Vuol dire che è ancora lontano dallo scoprire qualcosa di sé. E come si fa a scoprire qualcosa di sé? Con gli oggetti? No di certo, semmai con i “soggetti”, le persone.

E quando arriva il piacere? Quando incontri quella cosa che ti fa fare fatica, andare oltre: la passione, da non confondere con l’ambizione. <Quella cosa che ti fa svegliare al mattino e ti fa domandare cosa puoi dare per far sì che il tema di italiano venga meglio o perché alla partita giochi bene…>. Spesso l’impegno si ferma alla prima fatica: <Il pensiero è tutto sul “ricevere” – dice Marco Anzovino – ma alla vostra età dev’essere tutto sul dare!>

La metafora calcistica calza a pennello: Dybala, Del Piero quante volte hanno dovuto lanciare il pallone, quante volte hanno dovuto sbagliare, per riuscire poi ad arrivare. Fallire diventa perciò una cosa bellissima, se la viviamo come “provare finché non ci si riesce”.

Marco racconta tutto ciò non come un maestrino che ha imparato la lezione a memoria, ma come un uomo che, da ragazzo, ha vissuto questa esperienza sulla sua pelle. Conquistare e rinunciare, sono i due verbi chiave di Marco. <Ho capito che se volevo qualcosa nella mia vita dovevo andare a prendermela. Tutto ciò che non vi siete conquistati, non è vostro>. Ma la conquista comporta il saper rinunciare: <Vado a letto presto perché domani ho la partita: rinuncio al sabato sera in discoteca. Magari quel ragazzo si chiama Roberto Baggio, ma anche Giovanni Franchini che gioca in serie C>.

Un altro esempio calzante è quello dello studente che, dopo aver ascoltato la testimonianza di Anzovino, poi gli ha raccontato di avere il desiderio di andare a Londra, e pur non sapendo niente di inglese, aveva la media del 7 perché copiava le verifiche. Poi la svolta: ha capito che Londra se la doveva sudare, e anche se era costato fatica, il 6 della verifica successiva era tutto suo.

<Bisogna mordere il desiderio>: come le bracciate di Federica Pellegrini, quando a quindici secondi dalla fine, mentre i cronisti stanno dicendo che la sua carriera è finita, rimonta dalla quarta posizione e vince la finale dei 200 stile libero agli ultimi Mondiali di nuoto.

Il desiderio ci salva anche dal dolore, con il quale la vita prima o poi ci obbliga a scontrarci.

Lo sa bene Marco che, da ragazzino, è un campione del calcio e viene comprato dal Treviso che, all’epoca, era in serie B. Per lui significa una vita da “grande”: viaggio in treno da solo, collegio, quattro allenamenti più la partita. Ormai è un tutt’uno con il pallone.

Fino a quella partita importante in cui si rompe la spina iliaca: muscolo e osso si strappano e ciò implica una lunga riabilitazione. Nonostante il grave incidente, ritornerà a giocare, ma in due anni e mezzo si “romperà” altre tre volte: la sua carriera nel calcio è finita. E anche lui si sente finito.

Sente di non contare più niente. E in effetti è così anche agli occhi dei suoi coetanei, che prima tanto lo stimavano, e ora lo isolano.

<Cosa faccio? – Continua a raccontare lo scrittore – Mi suicido? Ci ho pensato…>.

Poi la svolta, a partire da una canzone che passa in radio: <È un tornado! Il cantante era sconosciuto, e all’epoca non c’erano Youtube o Internet, quindi dovevo ricordarmi musica e testo per poter andare a comprare il disco>. Si trattava di “Balliamo sul mondo” dell’allora “nessuno” Ligabue.

Quella canzone, che sembra parlare proprio a lui, accende di nuovo il desiderio di Marco, che dice “voglio essere quella canzone, voglio imparare a suonarla”: <Allora rinuncio alla paghetta per la prima chitarra scassata. Con quattro accordi posso intonare la canzone. Re sol do la>.

A ricreazione Anzovino, che non ha nessuno con cui trascorrere il tempo, prova e riprova… finché scopre che può scrivere anche lui testo e accordi e dare vita alle sue canzoni.

Un giorno di aprile la sua insegnante di matematica lo sente e scopre il suo nuovo talento: decide così di fargli chiudere il saggio di fine anno con la sua canzone; ciò provoca in lui tanta paura, ma anche tanta voglia.

La sua canzone è in Fa maggiore, l’accordo più difficile. Il giorno del saggio sale sul palco dopo la più bella della scuola, tutti fischiano. Poi sente la sua voce al microfono: rizza la schiena. E intona “Le strade dei sogni”…

E dopo aver cantanto al giovane pubblico del San Marco le sue parole di quindicenne accompagnate dalla chitarra, Marco Anzovino conclude ricordando che la domanda, prima o poi, arriva: hai dato il massimo per il tuo progetto? La seconda che è necessario porsi è: che cosa voglio essere?

<Io ho scelto di essere onesto, leale, di essere me stesso, di ascoltare quello che ho dentro>, risponde Marco. La platea applaude: il silenzio dell’ascolto ha accompagnato tutta la sua testimonianza.

Nella seconda parte della mattinata, spazio al desiderio dei giovani di essere protagonisti, con le loro passioni, i loro talenti, la loro voglia di mettersi in gioco e divertirsi, attraverso le attività realizzate dalle classi: chi ha realizzato dei giochi che hanno coinvolto studenti e professori, chi ha cantato, chi ha suonato, chi ha realizzato dei video divertenti che raccontano la vita della scuola in modo non convenzionale, il tutto tenuto insieme dalla trama del nostro ormai consueto presentatore, il prof. Lorenzo Tiengo, che ha saputo intrattenere e guidare con simpatia ogni momento della festa, aggiudicandosi anche lui – alla fine – della panna… in faccia!

L’emozione di vedere… i particolari
Concorso Fotografico

By ISSM,

Tanta partecipazione all’iniziativa promossa da Fondazione Banca degli Occhi insieme a Università Ca’ Foscari Venezia, Istituto Salesiano San Marco e Confartigianato Veneto

Un dettaglio, un riflesso, un particolare prezioso, cento o mille modi per interpretarlo. Chissà in quante foto scattate con fotocamere, telefonini e altri mezzi il dettaglio fa la differenza. E allora c’è ancora tutto il mese di febbraio per inviare la propria speciale foto al concorso “L’emozione di vedere… i particolari”, lanciato per la sua terza edizione da Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Onlus in collaborazione con Università Ca’ Foscari Venezia, Istituto Salesiano San Marco e Confartigianato Veneto.

Per partecipare alla nuova edizione del concorso basterà scaricare il modulo di partecipazione dal sito www.fbov.org e inviarlo compilato alla mail concorso@mesedellavista.it insieme all’immagine in concorso entro il 28 febbraio. In premio 200 euro in buoni per l’acquisto di prodotti tecnologici e l’emozione di poter esporre la propria foto nella rosa delle creazioni meritevoli. L’iniziativa anche quest’anno è aperta a tutti i fotografi amatoriali di età superiore ai 16 anni.

“La collaborazione con tutti i partner di questo progetto ci è davvero preziosa per permettere a decine e decine di fotografi amatoriali di esprimersi, come accaduto finora nelle passate edizioni che hanno avuto un ottimo riscontro di partecipazione superando anche le 100 immagini sottoposte alla nostra giuria – ha sottolineato Enrico Vidale, Responsabile delle attività di comunicazione e sensibilizzazione di Fondazione Banca degli Occhi – il progetto ci permette però anche di esplorare il mondo che ci sta più a cuore, quello della vista e dell’attenzione per questo prezioso bene che noi cerchiamo di salvaguardare promuovendo la cura, la ricerca e la donazione di cornee”.

Ogni immagine sarà sottoposta all’imparziale giudizio della giuria tecnica, composta tra gli altri anche dal prof. Flavio Gregori, Pro Rettore alle Attività e Rapporti Culturali di Ateneo dell’Università Ca’ Foscari Venezia, da Matteo Dittadi docente dell’Istituto Salesiano San Marco e da Enrico Vidale di Fondazione Banca degli Occhi. “Vedere i particolari prescinde dalla macchina fotografica o dal mezzo meccanico che abbiamo a disposizione, vedere i particolari è una dote della mente, ancora prima che dell’occhio” ha affermato il prof. Gregori durante l’ultima esposizione legata al concorso. Il potere della fotografia? Commenta il prof. Dittadi: “La sua magia è nella capacità di riuscire ad inserire in quel fotogramma anche quello che il solo occhio non è in grado di vedere: le emozioni”.

C’è tempo fino a fine febbraio per iscriversi.Le foto migliori verranno esposte in mostra. 

Scarica la locandina del concorso.

 

ISSM Coding League: una sfida per insegnanti

By Federico Valletti,

Da un po’ di anni a questa parte, anche se può non sembrare all’occhio meno esperto, la scuola sta cercando nuove strade. Si sente parlare sempre più spesso di Coding e di Robotica, quasi come se fossero nuove materie di insegnamento che hanno lo scopo di educare nuove generazioni al cosiddetto pensiero computazionale, in altre parole ad un modo di ragionare e affrontare i problemi che si rivelerà sempre più importante, a quel che si pensa oggi, nelle professioni del futuro.

Il San Marco, spinto dalla curiosità, muove i suoi passi in questo senso cercando prima di tutto di raccogliere informazioni e sperimentare. Si potrebbe pensare a corsi di aggiornamento e seminari, ma anche sotto questo profilo le cose cambiano… ecco perché abbiamo pensato di metterci a giocare per capire! Robotica e Coding sono temi che si comprendono “facendo”, che richiedono quell’“intelligenza nelle mani” tanto cara a don Bosco: abbiamo quindi acquistato alcuni dei prodotti più usati per lavorare-giocare con gli studenti e abbiamo pensato che la cosa migliore fosse provarli assieme agli insegnanti ragionando sulle implicazioni didattiche e sul modo migliore di introdurli nelle nostre attività.

Due pomeriggi di gioco e aggiornamento in cui gli insegnanti si sono sfidati a colpi di codice e programmazione per riuscire a “battere” i colleghi facendo risolvere alcune missioni a Robot e dispositivi quali Lego Mindstorm EV3 e Sphero in veri e propri campi gara. Probabilmente scopriremo che anche il gioco in classe, se progettato e strutturato, potrebbe trasformarsi in uno degli ultimi tabù da riconsiderare. Magari un giorno anche gli studenti del San Marco potranno mettersi letteralmente in gioco in tornei come la FIRST LEGO LEAGUE.

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Consegna attestati e borse di studio: un momento per dire “grazie”

By Laura Campaci,

“Dalla buona o cattiva educazione della gioventù dipende un buon o triste avvenire della società”.

Parole sante, quelle di don Bosco. E con queste lungimiranti parole don Enrico Gaetan, direttore dell’Istituto Salesiano San Marco, ha dato il via, lo scorso venerdì 26 gennaio, alla tradizionale consegna degli attestati di qualifica e delle borse di studio per l’anno scolastico 2016/2017.

A fare da presentatore, un elegante Graziano Cervesato, che – sotto i suoi occhi – ne ha viste passare tante di storie, di successi, di fallimenti.

Una simpatica fiaba indonesiana riassume, secondo don Enrico, il senso di questa mattinata dedicata a ringraziare e a premiare:

Si avvicinava la stagione delle piogge e un uomo molto anziano scavava buchi nel terreno.

“Che cosa stai facendo?” gli chiese il vicino.

“Pianto alberi di mango”, gli rispose il vecchio.

“Ma pensi di riuscire a mangiarne i frutti?”.

“No, io non vivrò abbastanza a lungo per poterne mangiare, ma agli altri sì. L’altro giorno ho pensato che, per tutta la vita, ho gustato manghi piantati da altri. Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza”.

Anche quest’anno, molte le aziende, i rappresentanti degli enti pubblici locali e gli affezionati che, ispirati dal legame con la formazione salesiana, fiduciosi nelle “nuove leve” che arricchiranno il futuro economico del nostro territorio, desiderosi di collaborare con la nostra scuola e di riconoscerne il valore, hanno donato una o due borse di studio del valore di 500 euro da assegnare ai ragazzi più meritevoli.

A premiare gli studenti erano presenti Mauro Salvadego, di Heidenhain Italia, Mauro Michielan di Mazzer spa, Claudio Cercato della ditta FPT, Paolo Garbo in rappresentanza della PARPAS e di OMV, Elisa De Pretto della De Pretto e Arte Grafica, Giuseppe Vianello, Presidente dei Cavalieri di San Marco, Nicola Lombardi, in rappresentanza della Municipalità di Chirignago-Zelarino, Francesco e Stefania Miatto della ditta Miatto, Stefania Buso della ditta EMMENNE, Paolo Martin, presidente degli Ex allievi, Maria Borin, presidente del Lions Club di Venezia-Marghera, in rappresentanza del settore grafico a livello locale l’EBAV Grafici-Fotografi, a livello nazionale l’ENIPG, la ditta GRAFICHE ANTIGA di Cornuda e, infine, Massimo Toffanin ha portato i saluti del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia.

Sono molti coloro che si sono distinti, in ogni classe, per impegno, dedizione e disponibilità a partecipare al dialogo educativo che il San Marco instaura con i suoi studenti. Ecco i nomi degli studenti premiati:

2grB: Veronica Parisatto e Gioia Gasparini;

2grC: Nicola Lazzarin e Simone Preo;

2Mecc: Matteo Callegaro;

2Elettro: Leonardo Bilotti;

2Duale: Marco Giurizzato;

2Itt: Benedetta De Rossi;

3grA: Martina De Rossi;

3grB: Nicolò Zennaro;

3grC: Elisa Marchiori;

3Elettro: Tommaso Stefan;

3IttA: Teresa De Iaco;

3IttC: Anthoi Dumitru;

4IttA: Cristiano Piccolo;

4IttB: Serena Bolzonella;

4IttC: Samuel De Rossi;

5IttA: Chiara Gomirato e Ettore Balsadonna;

5IttB: Alice Favaro e Ilaria Quidacciolu;

5IttC: Nicolò Melinato;

A seguire, immancabile il premio “Amico del San Marco” consegnato dalla preside dell’ITT Claudia Cellini e dal direttore don Enrico a Marco Bacci, Account Manager e Top Customer di Cisco Italia, da quest’anno partner ufficiale del San Marco.

Il prof. Matteo Dittadi ha poi consegnato un riconoscimento speciale a Paolo Favaro di Extreme srl per aver supportato con grande generosità il workshop delle terze dell’anno scorso, occupandosi della stampa e della confezione di tutti i prodotti progettati dai ragazzi, con tempi molto stretti, e supportandoci anche da un punto di vista tecnico, a titolo completamente gratuito.

La seconda parte dell’evento è poi stata dedicata alla consegna degli attestati di qualifica a tutti i 101 studenti del CFP San Marco che nel giugno 2017 hanno concluso il percorso triennale e hanno superato con successo l’esame finale, ottenendo la Qualifica di Operatore Grafico di prestampa e stampa, di Operatore elettrico e di Operatore meccanico.

Ritiri d’Avvento: un’immersione nella realtà, per scardinare egoismi, pregiudizi e pigrizia

By Don Michele Bortolato,

La giornata di oggi è stata una giornata diversa perché l’ho vissuta immerso nella realtà”
(Federico).

In occasione dei ritiri d’Avvento, il cammino formativo ha visto i ragazzi delle classi seconde e terze riflettere sulla sfida dell’accoglienza. Tema molto discusso, specialmente a motivo degli avvicendamenti degli ultimi anni, l’accoglienza dell’altro ha visto lo spirito pratico dei nostri ragazzi mettersi davanti al grido della povertà, della solitudine, della disabilità e del riscatto degli errori del passato con una lente d’ingrandimento diversa. Una giornata di servizio a favore dei più poveri si è rivelata l’occasione per condividere, nel lavoro, la ricchezza della vita. Le parole di Gesù sono state, e rimangono, la realtà presente in ognuno dei ritiri vissuti in Avvento e la vera sfida da accogliere: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Ecco i luoghi con cui i ragazzi delle seconde e terze CFP sono entrati in contatto nel corso del mese di dicembre:

– Mensa dei poveri, frati Cappuccini di Mestre
– Centro don Orione di Chirignago
– Cooperativa Realtà di Marghera
– Comunità Olivotti di Mira
– Comunità Sant’Egidio di Padova
– Oratorio don Bosco di Mogliano Veneto.

La parola passa ai nostri ragazzi:

Come valuteresti la giornata di oggi?

Sono arrivato con un pregiudizio “comune”, ovvero quello di dire che bisogna trattarli in un modo diverso, invece, una volta entrati in contatto con queste persone, sono molto diverse da questo tipo di pensiero.
(Andrea)

Questa esperienza per me è stata molto interessante, mi ha colpito molto il coraggio di questi ragazzi nel raccontare la propria storia nonostante la difficoltà di aver perso persone care e tutto ciò che hanno passato. Entrare in comunità per obbligo è un conto, entrarci per volontà è un segno chiaro di voler cambiar vita, di aver capito di aver preso una strada sbagliata e imboccare quella giusta…ritornare a come si era prima. Una delle frasi che mi è piaciuta di più è stata: “vorrei uscire e non ricaderci più, ricominciare una nuova vita, far su famiglia e lavorare”. Io la vedo come una convinzione, come la meta di qualcuno che ha un obiettivo e vuole raggiungerlo.
(Alvise)

Se dovessi scegliere tre parole per descrivere ciò che hai vissuto….

GENTILEZZA: ho trovato persone davvero molto solari che sono riuscite a farmi sentire a mio agio anche in una situazione dove mi sentivo, a volte, un po’ in imbarazzo.

UGUAGLIANZA: ho capito che avere alcune disabilità nella vita non è solo un limite, anzi, ho visto persone con sorrisi migliori dei nostri anche se noi “abbiamo tutto”. Ho visto persone che mettono in gioco se stesse in ogni cosa.

AMOREVOLEZZA: ho avuto qualche difficoltà a rapportarmi con loro, non lo nascondo, ma sono uscita con un pensiero molto diverso riguardo alla loro vita.
(Camilla)

AIUTARE: quello che oggi abbiamo fatto con i più poveri mi pare un aiuto semplice, concreto, ma vero.

VERGOGNA: vedevo alcune persone vergognarsi di dover chiedere una mano.

VOLONTARI: le persone che lavorano lo fanno gratuitamente, solo per aiutare gli altri, non ne ricavano nulla.
(Giulio)

SORPRESA: non mi aspettavo di trovare tutta quella collaborazione tra formatori e ragazzi, mi ha colpito molto l’amicizia così evidente tra di loro.

RIFLESSIONE: mi sono fermato a pensare a tutto quello che questi ragazzi sanno fare e quanto siano capaci di dare a chi sta loro accanto.

FORZA: hanno un sacco di forza di volontà, alcuni riescono addirittura a pensare e fare molte cose da soli, invece altri hanno proprio bisogno di aiuto.
(Marco)

RIFLESSIONE: riflettere su noi stessi, su cosa siamo e su cosa possiamo dare. Dio ci ha dato grandi potenzialità che possiamo sfruttare per aiutare il prossimo.

FELICITÀ: vedere come noi fatichiamo ad essere felici e vediamo la negatività in tutto mentre le persone che abbiamo incontrato oggi sono l’opposto di noi e trovano continuamente motivi per sorridere.

TENEREZZA: vedere come noi ospiti fossimo importanti per loro; i gesti che ci scambiavano, i sorrisi, gli abbracci, le carezze…personalmente questa esperienza mi ha fatto molto bene.
(Francesca)

LEADER: la differenza tra un leader e un boss è che il boss segue la sua strada lasciando gli altri indietro, il leader, invece, preferisce aiutare anche gli altri permettendo loro di raggiungere degli obiettivi. La nostra classe ha fatto la parte del leader in quel momento cercando di stimolare le persone che provavano nuove esperienze di lavoro.

SERENITÀ E DIVERTIMENTO: non solo noi ragazzi cercavamo di coinvolgere le persone a fare queste esperienze lavorative ma si cercava il modo di farli divertire e sentire a casa. Anche loro ci hanno fatto divertire in ciò che ci hanno detto. La serenità dell’ambiente è fondamentale in queste situazioni.

COLLABORAZIONE: La classe ha cercato di collaborare per poter aiutare i nostri ospiti che provavano per la prima volta questa esperienza
(Alessandro)

Che cosa ti ha colpito di più delle persone che hai incontrato?
Si vedeva bene il bisogno di aiuto e si notava bene la povertà anche solo guardandoli.
(Cristian) 

Mi ha colpito molto che alcune persone che abbiamo servito ci abbiano detto grazie con sincerità.
(
Andrea)

In questo ritiro ho avuto l’occasione di conoscere come sono realmente queste persone, mi son dedicata loro, gli ho voluto bene come è giusto che sia e deve essere. È importante fargli passare ogni momento della vita nel modo più bello che ci possa essere e fare in modo che siano davvero contenti. Una cosa che mi ha stupito di loro e che hanno detto alla fine è stata una domanda che ci hanno fatto, ci hanno chiesto se avevamo paura di loro. Con tanta semplicità ci hanno detto di essere uomini dentro e che non c’è alcun motivo serio per avere paura. Questa frase mi ha commossa.
(Federica)

Di seguito, invece, alcune testimonianze dei ragazzi dell’ITT che hanno vissuto altre, arricchenti esperienze:
Il ritiro spirituale del 2017 è stato molto diverso dai precedenti.
Abbiamo avuto modo di ascoltare dal vivo testimonianze di ragazzi albanesi e kosovari nostri coetanei che a fatica sono riusciti a raccontare le loro storie, soffermandosi in particolare sulla migrazione e sull’ambientarsi in una nuova nazione. Anche se di poche parole, a causa della difficoltà di espressione, questi ragazzi sono riusciti a trasmetterci la loro voglia di dare una svolta alla propria vita attraverso lo studio e il lavoro. Il tutto si è poi concluso con una partita di calcetto terminata con la vittoria della squadra ospite e successivamente con un pranzo preparato da noi ragazzi. Magari in futuro ci sarà la possibilità di avere la rivincita.

(Alessio)

Stavolta è davvero il ritiro che non ti aspetti.
La Cooperativa Arcobaleno è una realtà che raccoglie giovani, come noi, ma con storie molto diverse dalle nostre. Questa grande famiglia oltre che essere una casa, ospita anche il Museo dei Sogni e della Memoria, luogo in cui sono conservati oggetti provenienti da ogni nazione del mondo, come uno dei mattoni della casa di Anna Frank, una tegola di una casa rinvenuta dopo l’attacco di Hiroshima e tanti altri. Oggetti che costituiscono un pezzo di memoria e di storia di una nazione, non rinchiusi dentro una teca di vetro, come ci si aspetterebbe, ma con la sorprendente possibilità di toccarli. Per capire, l’unica soluzione è provare.
(Ilaria)

 Perché non abbiamo abbastanza coraggio per realizzare ogni nostro desiderio? Perché abbiamo timore di voler fare ciò che ci rende felici? Due dei dieci ragazzi che vivono nella Comunità Proposta ci hanno “rivelato” i motivi che li hanno spinti a voler entrare in quell’ambiente. Entrambi avevano una motivazione in comune: capire qual era la loro strada. Fin da bambini ci chiediamo cosa vogliamo fare nella nostra vita. Sogniamo quale carriera intraprendere da adulti, senza fare i conti con la realtà. Quando cresciamo capiamo che non sempre si può fare ciò che si desidera e nascondiamo le nostre aspirazioni in un angolo remoto della mente. Abbiamo paura dei nostri sogni. Chiunque vi potrà elencare una serie di fantasie non realizzate, si giustificherà, raccontando tutti gli ostacoli che gli hanno impedito di fare ciò che desiderava. Dobbiamo iniziare il prima possibile a pensare al senso che vogliamo dare alla nostra vita, ricordandoci che forse, la strada più facile non è sempre quella più giusta.
(Benedetta)

Sono tante le domande che bussano nel cuore dopo un’immersione così forte nella realtà. Una, in particolare, risuona più di tutte: “Chi ha veramente fatto del bene a chi?”. Forse, è proprio nel momento in cui ci si mette umilmente a disposizione dei più piccoli che ci si rende conto che sono loro stessi a disarmare i pregiudizi e le distanze che il pensiero pone per accompagnare ognuno alla Verità del Bene: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Il messaggio che mi porto via dalla giornata di oggi è che se fai del bene e non ti ringraziano, non vuol dire che non è stato apprezzato ciò che hai fatto. E se fai del bene e ti ringraziano non vuol dire che devi smettere di farlo. Il fatto è che anche se nessuno dimostra con i fatti di voler bene è chiaro che nessuno si sente in dovere di ringraziare, rimane comunque importante che quando fai del bene a qualcuno devi continuare a farlo anche se ricevi poco in cambio.
(Federico)

Visite tecniche: l’apprendimento non si ferma a scuola

By Francesco Checchin,

Molti pensano che la “gita” sia un motivo di svago durante il quale i ragazzi trascorrono una giornata lontano dai libri. Noi pensiamo invece sia un’opportunità che ci viene offerta per stimolare la passione, avvicinarsi alla realtà produttiva e vedere in prima persona come funziona tutto quello che giorno per giorno viene studiato sui libri o in laboratorio.

Ecco perché, più che “gita”, ci piace chiamarla “visita tecnica”.

Appassionare, toccare con mano e vedere con i propri occhi come funziona aiuta la comprensione: questo lo scopo della visita tecnica.

Cos’è una visita tecnica?

La visita tecnica è una giornata in cui le lezioni in classe vengono spostate nelle varie aziende del territorio che mettono a disposizione il loro tempo e i loro mezzi per mostrare ai nostri ragazzi come funziona una realtà produttiva, tramite dei percorsi guidati che mostrano passo passo tutte le trasformazioni che subisce un prodotto, dalla richiesta da parte del cliente, alla progettazione, allo sviluppo e, infine, all’introduzione nel mercato del prodotto finito.
Il 16 novembre si sono svolte le visite tecniche che hanno portato i ragazzi del San Marco a visitare, ogni classe rispettivamente per il proprio settore, un’azienda specializzata nella produzione di prodotti commerciali.

Nello specifico, ho accompagnato le 3 classi di prestampa e stampa presso Gruppopadovana, un’azienda leader che opera nel settore del confezionamento grafico, della cartotecnica e della legatoria ormai da 30 anni. 
Durante la prima parte il titolare Gianfranco De Checchi ha fatto riflettere i ragazzi sull’avvento delle nuove tecnologie che hanno portato alla quasi scomparsa di alcuni prodotti largamente utilizzati una volta come l’agenda cartacea, ora rimpiazzata dallo smartphone, e la riduzione di altri prodotti quali il libro, ma ha anche detto che nell’ultimo periodo c’è stato un ritorno alla carta dovuto al piacere da parte dell’utente di tenere in mano un prodotto tangibile.

La visita si è poi svolta nei reparti produttivi, dove i ragazzi hanno visto e toccato con mano i macchinari con cui viene realizzato il prodotto avendo l’opportunità di potersi confrontare con i titolari che hanno risposto alle loro domande.
Questo confronto permette ai ragazzi di visitare realtà nuove, ma soprattutto di comprendere e conoscere il procedimento di una realtà produttiva ben consolidata e di avvicinarli sempre di più al mondo che viene virtualmente mostrato in classe, oltre ad essere uno strumento molto utile per  vivere un bel momento assieme ai propri compagni.

Ecco l’elenco delle visite effettuate:
CFP

  • 1Elettro e 1Mecc: Centrale Elettrica A. Palladio di Fusina (Ve) e pranzo al parco S. Giuliano
  • 1grA, B, C: Mediagraf Spa a Noventa Padovana
  • 2grB e C: Mainetti Bags Srl a Mignagola (TV)
  • 2grA, 2duale e 3grB: Gruppo Padovana Srl di Campodarsego (PD)
  • 3elettro: Bio Raffineria ENI di Marghera
  • 1 e 2 duale: Centrale Termoelettrica di Sermide (MN)
  • 3grA e C: Pixartprinting – Big Rock a Quarto d’Altino
  • 2elettro e 2mecc: Laboratorio dell’Immaginario Scientifico a Grignano (TS)
  • 3 mecc: FPT Industrie Spa di Santa Maria di Sala (VE) e Studio Cuzzolin di Mogliano Veneto (TV)

ITT

  • 1^ e 2^: Tipoteca Antiga a Cornuda (TV)
  • 4 A e B: DS Smith a Cornuda (TV)
  • 3 C e 4 C: Parpas Spa a Cadoneghe (PD) e cappella degli Scrovegni (PD)

“Vedi Napoli… e poi fai la maturità!”

By Elena Voltolina,

Il racconto della gita che ha coinvolto le tre classi quinte ITT

Avete presente il detto “vide Napole, e po’ muore”? (Letteralmente: ‘vedi Napoli, e poi muori’; ovvero non si può morire senza aver visto Napoli).

Noi abbiamo colto al volo l’opportunità e, detto fatto, abbiamo scelto il capoluogo della Campania come destinazione della nostra ‘gita di quinta’, il sogno di tutti gli studenti sin da quando si entra a scuola il primo anno.

Lo so. Il primo pensiero che viene in mente è “che meta sfigata”.

Non mentirò dicendo che non lo abbiamo pensato anche noi.

Eppure siamo stati proprio noi a sceglierla!

In realtà, appena scesi dall’autobus dopo circa 8 ore di viaggio, con l’aspetto da zombie di chi si è svegliato alle 4 del mattino, la notizia di trovarci in un quartiere famoso per le sparatorie non ci è sembrato più rassicurante di come l’avevamo immaginato.

Ma, dopo appena qualche minuto di ambientazione, ci sentivamo un po’ più fiduciosi e pronti ad esplorare quelle terre (a noi) sconosciute.

E posso dire che è stato magnifico.

Potrei cominciare a citare le mille meraviglie di una città capace di trasformare ogni dettaglio in un’opera d’arte.

Anche una semplice pizzeria sul lungomare, un murales scomposto dipinto su un edificio decadente (nonostante ci siano delle vere e proprie opere d’arte sui muri) o un foro di proiettile sulla portiera di un’automobile.

Perfino la pizza, un calciatore argentino di un metro e sessantacinque o addirittura Trump e Kim Jong-un, di cui le statuette sono in ogni banchetto della via dei presepi, insieme a quelle dei più disparati personaggi.

Potrei poi continuare con tutti gli elementi storici: il chiostro di Santa Chiara, il Cristo velato nella cappella di San Severo, il Maschio Angioino; per non parlare delle sagome dei corpi sotterrati nella cenere a Pompei e le mille credenze popolari associate praticamente ad ogni pietra della città.

Ma c’è stato qualcosa di più, che ha reso questa città ancora più speciale.

Abbiamo respirato nell’aria un’atmosfera che profumava di magia.

Qualcosa che va al di là delle opere artistiche eccezionali o delle curiose stravaganze che abbiamo visto, come gli altari dedicati a Maradona nei bar (per chi non lo conoscesse è il calciatore di un metro e sessantacinque di prima); la pizza con la P maiuscola, quella originale; il mare a novembre come se fosse ancora estate; i babà; i cannoli e le sfogliatelle; napoletani con il casco e napoletani con il cappotto (e l’ombrello), di cui probabilmente prima di allora non ricordavano nemmeno più l’uso, dal momento che siamo stati talmente fortunati da vivere un’esperienza più unica che rara in questa città: la pioggia (e il freddo!), evento che con ogni probabilità non si verificava dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

La vera magia, infatti, è stata l’opportunità di viverci fino in fondo, 24 ore su 24, fuori dall’ambiente scolastico.

A pranzo, a cena, in autobus, per i corridoi dell’hotel e per le strade di un mondo nuovo diverso dal nostro, ma anche, più banalmente, davanti ai più diversi giochi da tavolo con i quali ci intrattenevamo la sera.

Eravamo semplicemente i ragazzi con tanta voglia di vivere la propria vita che siamo. Amici, complici e anche un po’ fratelli.

Insomma, niente ansie, compiti, esami.

Eravamo lì, in quel momento, ed era l’unica cosa che ci importava.

Forse, siamo stati noi la nostra magia.

O forse è stata semplicemente la reggia di Caserta (dove, per i più appassionati, è stato girato un episodio di Star Wars), con tanto di giro in carrozza dei giardini esterni.

In ogni caso, siamo fieri di poter affermare, con un pizzico di nostalgia già presente nel cuore, che la gita di quinta non la scorderemo mai.

Nella galleria è raccolta una selezione di foto dei quattro giorni trascorsi in visita a Napoli, Pompei, Salerno e reggia di Caserta. Le tre classi quinte ITT sono state accompagnate dai rispettivi coordinatori Davide Sartori, Mattia Pozzobon, Marco Sinigaglia e dai professori don Marco Canale e Laura Campaci.

Auguri 2017 #ISSMfamily

By Patrizio Pellizzon,

 

L’accoglienza è una porta aperta alla vita…

Per ogni giovane, che cerca nel futuro un modo per essere migliore.

BUON NATALE