Dopo 34 anni al San Marco il prof. Mario Schergat, lo scorso dicembre, ha concluso il suo periodo lavorativo ed è andato in pensione. Nei corridoi della scuola mancano già il suo sorriso, il suo saluto gentile.
Con queste poche righe – aiutati dalla memoria di Graziano Cervesato, che l’ha accolto nel 1988 all’isola di San Giorgio a Venezia, e poi si è trasferito con lui a Mestre nel 1990 – vogliamo ricordare il suo prezioso lavoro nella nostra scuola e la sua umanità.
Il prof. Schergat ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia con il professor Claudio Benito Tiozzo, che nel 1988 lo indicò a Cervesato come valido sostituto di don Pio Penzo, mancato da poco.
Da allora, Mario ha iniziato a insegnare disegno grafico e quello è stato il suo mestiere per tutta la vita, un mestiere che sapeva fare bene; sapeva valutare e dare consigli adeguati.
Tra le doti che il Sig. Graziano gli riconosce, la principale è senz’altro la grande capacità di ascolto con tutti, ragazzi, genitori, colleghi. Riservato e umile, Mario non si è mai messo in mostra, sempre rispettoso degli altri e delle loro idee: le sue critiche non erano mai fini a se stesse, ma ragionava e motivava le sue riflessioni alla ricerca delle soluzioni migliori. Si ergeva sempre in difesa dei più deboli, si prendeva a cuore gli studenti in difficoltà.
“Era anche molto libero nel suo pensiero, nelle sue idee – continua Cervesato – Diceva quello che pensava senza costrizioni e in piena libertà”.
Mario ha saputo anche adattarsi al tempo che passa, e in questi 34 anni di lavoro al fianco dei salesiani ha saputo fare la cosa più importante:
“Era molto attaccato ai ragazzi: nonostante siano cambiati negli anni, è sempre riuscito a legarsi a loro e a capirli. È riuscito ad adattarsi ai cambiamenti, alle nuove difficoltà”.
Non ci resta che dire “GRAZIE MARIO” e goditi la meritata pensione!!!
Riportiamo le parole che il prof. Mario Schergat ha scritto e fatto leggere nella giornata della consegna delle pagelline del I trimestre, il 3 dicembre, suo ultimo giorno lavorativo:
Cari ragazzi, care famiglie, cari salesiani, amici e colleghi, faccio leggere a don a Silvio queste poche righe perché le emozioni che vivo negli ultimi giorni non mi permettono di essere lucido.
Vi assicuro che non avrei mai pensato che sarebbe stato così difficile. Io sto chiudendo un periodo della mia vita, dopo aver fatto per tanti anni il mestiere più bello e difficile che ci sia, che è quello di dare una mano ai giovani a superare la piccola pazzia dell’adolescenza. Spero di aver contribuito, nel mio piccolo, a farli entrare nel mondo degli adulti ed indirizzarli verso una vita piena e dignitosa. In tutti questi anni ho visto tanti visi come il vostro. Ho visto tante famiglie che, come voi, avevano negli occhi un grande amore per i propri figli. Ho visto tanti ragazzi come i vostri con sana voglia di vivere. Mi sono chiesto, esattamente come voi, che ne sarà di loro in un mondo che a volte ci spaventa. Ho imparato molto presto che non bisogna preoccuparsi ma occuparsi. Che la preoccupazione è tossica esattamente come l’ansia e lo stress. Occuparsi significa seguirli ogni istante, ogni ora e ogni giorno e così per molti anni. Anche quando siamo stanchi e quando ci sembra interminabile.
Ho imparato e mi sono fermamente convinto che la pena sempre. Questo mi hanno insegnato i vostri figli. Non mollare mai. Mi hanno insegnato anche che essere gentili è un valore, che essere sorridenti è un’energia contagiosa. Sono fortunati perché fanno parte di una famiglia, Famiglia Salesiana, che per 34 anni era anche la mia e resterà per sempre. Dove le persone non sono numeri. Queste sono le parole che ho sentito più spesso dalle persone che erano i miei, i nostri studenti, che magari sono già madri e padri ed io ero insegnante dei loro figli. Sono fortunati perché trovano Salesiani e insegnanti preparati e sensibili, che sono guidati da un grande carisma, da un’idea intramontabile. Ringrazio i Salesiani, i miei colleghi, le famiglie e soprattutto i miei ragazzi per tutto quello che mi hanno lasciato, che è tanto. Una vita. Ecco, il mio viaggio è arrivato alla fine. È stato un viaggio bello, molto bello. Un viaggio che mi ha fatto un regalo enorme. Sono uscito un uomo migliore di come sono entrato. E anche per questo grazie ancora a tutti di cuore. Vi voglio bene.
Mario